«Tutti a Roma con la Fiom»
Quando tutto precipita, può sembrare che le cose avvengano
per caso. Ma è un errore. Se il problema della Fiat e dell'attacco al contratto
nazionale si sommano all'attacco alla democrazia - nella forma della libertà di
manifestare; e se tutto questo avviene per un corteo dei metalmeccanici, in una
città governata da un ex neofascista che va in giro con la celtica al collo...
il caso non esiste.
Maurizio Landini, segretario della Fiom Cgil in un momento
tra i più difficili della storia del sindcato, mantiene un tono molto calmo
mentre ripercorre le tappe che hanno portato a un divieto mai visto prima in
Italia. «La scorsa settimana avevamo chiesto il permesso per un corteo da
piazza Esedra a Santi Apostoli, e non era stato sollevato alcun problema. Dopo
gli incidenti di sabato il quadro è cambiato. Il Comune ha deciso che non si
potevano tenere cortei nel primo municipio. A quel punto abbiamo proposto un
altro percorso, da piazza Partigiani a Bocca della Verità passando per il Circo
Massimo; che ci sembrava tenesse conto dei "problemi di ordine
pubblico"».
Ma «anche questa non è stata autorizzata dal sindaco, che ha
indicato - con un'apposita lettera - sette piazze disponibili per una
manifestazione "stanziale", perché i cortei si potevano fare solo
fuori dal primo municipio». A quel punto la Fiom ha chiesto il via libera da
piazzale Flaminio a viale Mazzini, sotto la sede Rai; oppure da piazzale dei
Partigiani a piazza Schuster, fuori dalla gigantesca «zona rossa» arbitrariamente
tracciata da Alemanno. «Abbiamo scoperto che anche fuori da quest'area non è
possibile fare cortei, per scelta della questura».
Ma «troviamo inaccettabile che l'effetto di episodi di
violenza, che condanniamo, sia che lavoratori con già le lettere di
licenziamento, come in Irisbus, o in cassa o che stanno occupando stabilimenti
di Fincantieri, non possano manifestare pacificamente. Questo dovrebbe
interrogare tutte le forze democratiche di questo paese, e preoccuparle per una
risposta che mette in discussione diritti costituzionali».
La Fiom calcola in almeno 90 pullman la partecipazione da
fuori Roma del gruppo Fiat e Fincantieri, cui vanno aggiunti tutti i
metalmeccanici del Lazio. «Facciamo un atto di responsabilità. Chiediamo noi di
fare la manifestazione in piazza del Popolo per far parlare le ragioni e le
rivendicazioni di quei lavoratori; e ci rivolgiamo a tutte le forze sociali e
della cultura della nostra città di dar forza alle ragioni dei lavoratori e
della democrazia, per fare di Roma una "città aperta"». E visto che
Maroni pensa di poter permettere di manifestare «solo a chi ha un patrimonio,
chiederemo un euro per la democrazia, per sostenere i lavoratori fino a quando
non si raggiunge un risultato».
Le dichiarazioni di Marchionne, del resto, confermano una
volontà di abbandonare il paese. «Un piano "fabbrica Italia" non
esiste, Fiat fa quello che vuole senza che un governo gli chieda conto del suo
modo di stare in questo paese». Discorso simile per Fincantieri, «che è anche
pubblica».
La denuncia della «strumentalizzazione da parte del governo
di un fatto grave» è molto forte. Così come la centralità delle ragioni di chi
oggi «è in sciopero da 100 giorni, oppure lavora al massimo 15 giorni al mese».
La prima domanda è scontata: «cosa farete se vi diranno
ancora no?». Secca e calma la risposta: «Occuperemo piazza del Popolo. È o no
una delle sette piazze indicate dal sindaco come libere? Se non fosse possibile
nemmeno lì, troverei che siamo di fronte a un problema ancora più grave».
Poi, dopo la riunione in questura e una dichiarazione di
Alemanno che si rimetteva alle decisioni della questura, arriva il «sì» che
scioglieva la tensione intorno a un appuntamento. La questura e il sindaco la
gestiscono subito come una vittoria «non ci sarà alcun corteo». Ma intanto alla
Fiom arrivano centinaia di attestati di solidarietà: forze politiche,
sindacali, studenti di ogni ordine e grado. E persino dai «sindacati complici»
che hanno firmato fin qui gli accordi separati che hanno reso possibile un braccio
di ferro del genere. Ci sono piccoli «passi indietro» che producono una ripresa
del cammino. La Fiom sembra essere riuscita nello scopo. Ma il problema del
diritto a manifestare - indipendentemente dal patrimonio o dal «gradimento»
riscosso presso il potere, resta aperto.
Francesco Piccioni
20/10/2011
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