«Privatizzare non aiuta
il Paese,
il governo
viola la Costituzione»
Roberto Farneti
il Paese,
il governo
viola la Costituzione»
Emilio Molinari, "Pierino" Sacconi ne ha combinata
un'altra delle sue. Ora vuole rimettere in discussione l'esito dei referendum
con cui gli italiani, appena tre mesi fa, hanno deciso che l'acqua deve
rimanere in mani pubbliche. Il ministro del Lavoro si è rivolto a Enrico Letta
del Pd auspicando «larghe intese» con l'opposizione su questo tema. Come a
dire: "se siamo tutti d'accordo, allora si può fare". Ma davvero si
può fare?
Ci proveranno. Penso però che nel Pd si aprirebbero
contraddizioni non da poco e che quindi non sarà facile farlo. Violare la
Costituzione e il pronunciamento di 27 milioni di cittadini sarebbe una
vergogna non da poco per l'opposizione. Credo perciò che quella di Sacconi, al
momento, sia poco più che una "boutade", una provocazione, che però
dimostra con chi abbiamo a che fare. E cioè con gente che considera la
democrazia un orpello di cui si può fare a meno. Quello che più mi preoccupa è
che da due e mesi e mezzo il referendum - acclamato da molti politici, dopo la vittoria
del Sì, come la grande novità degli ultimi trent'anni - sia finito nel silenzio
più totale. Di questo silenzio ne ha approfittato il governo per inserire nella
manovra due articoli, il 4 e il 5, che liquidano il primo quesito del
referendum, reintroducendo la privatizzazione dei servizi pubblici locali
prevista dalla legge Ronchi, tranne che per l'acqua. E tuttavia la previsione
di incentivi per i Comuni che privatizzano mette a rischio anche l'acqua.
Perchè con i tagli previsti dalla manovra, molti sindaci saranno tentati dalla
"mancetta" che gli offre il governo. Tutto ciò contraddice il
risultato referendario, eppure il grosso delle forze politiche di opposizione è
stato zitto, non c'è stata una reazione. Se togliamo alcune città - a Napoli,
in Puglia - in cui c'è stato un riconoscimento del soggetto referendario, con
l'apertura di un confronto con la gente su come realizzare localmente la
ripubblicizzazione dell'acqua, quasi dappertutto gli stessi sindaci sono
rimasti in silenzio.
Il problema è che dal referendum a oggi, come ha detto a un
certo punto il ministro Tremonti, il mondo è cambiato. C'è stata
l'accelerazione della crisi economica, la famigerata lettera della Bce, la
manovra da 53 miliardi. Il governo considera le privatizzazioni un passaggio
essenziale per rimettere il paese in carreggiata. Cosa rispondi? Privatizzare i
servizi, costringere i cittadini a sborsare più soldi per prendere un autobus o
per lavarsi, giova all'economia?
L'allarme crisi è reale ed è reso ancor più drammatico dal
fatto che avviene in assenza di prospettive politiche alternative. La cura che
si sta mettendo in piedi però non funzionerà, per il semplice motivo che segue
la stessa ricetta che ha prodotto questa crisi. Privatizzare, svendere i beni
comuni dello Stato, consegnare aziende come Enel ed Eni ai fondi sovrani della
Cina, significa dare agli speculatori le risorse per continuare a speculare. Il
Pil degli Stati Uniti è di 16mila miliardi di dollari, praticamente la cifra
sborsata dalla Federal Reserve, senza neanche informare il Congresso, per
salvare banche e imprese. Più o meno lo stesso ha fatto la Bce in Europa,
sborsando 4mila miliardi. Invece basterebbe leggere il primo discorso di
Franklin Delano Roosevelt da presidente degli Stati Uniti. Di fronte alla
grande crisi del 1929, Roosevelt spiega cosa bisogna fare: isolamento degli
speculatori; massiccio intervento del governo per far crescere l'occupazione:
riduzione dell'orario di lavoro e aumento dei salari; tre miliardi di dollari
per finanziare la riforestazione e la prevenzione dalle alluvioni e dalle
frane. Non sembrano cose scritte per noi? Il vero problema è che ormai la
politica è morta, comandano i mercati. Per inseguire la speculazione, sono
state distrutte intere economie, dalla Grecia, al Portogallo, all'Irlanda. Lo
stanno facendo con l'Italia. E tra un po' toccherà pure alla Francia.
Il 15 ottobre i movimenti torneranno in piazza per la
giornata di mobilitazione europea promossa dagli indignados spagnoli. Cosa si
può fare in Italia perché il patrimonio del referendum non vada disperso?
Non sarà facile, ma credo che dobbiamo rimontare la china
impegnandoci tutti a riprendere un contatto con la gente. Il che vuol dire
moltiplicare nei territori iniziative di discussione, di dibattito, di protesta.
Dobbiamo ripartire dall'annullamento del referendum e dall'incostituzionalità
di questa azione per affrontare il tema della crisi e dare di nuovo speranza ai
cittadini. Vanno bene gli indignados, vanno bene anche questi appuntamenti, ma
se c'è una cosa che insegna il movimento per l'acqua è che non è stato un
movimento di scesa in piazza e basta. Il risultato referendario è il frutto di
dieci anni di costante rapporto con la gente, di lavoro paziente parlando a
tutti: dall'estrema sinistra alla Lega. Parteciperemo a tutte le iniziative di
lotta, parleremo con il sindacato, proveremo a rimettere in piedi tutte le
associazioni che hanno aderito. Con due obiettivi: far rispettare il referendum
e trovare una proposta unificante - la patrimoniale piuttosto che la Tobin Tax
- per recuperare le risorse che ci servono per rimettere a posto il paese,
facendo pagare chi ha prodotto la crisi. E non le vittime.
17/09/2011
www.liberazione.it
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